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Home Notizie dal Mondo Nadir Magazine - la rivista di fotografia dal 1997

Nadir Magazine - la rivista di fotografia dal 1997
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Fotografia sul web dal 1997

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  • TEST: LEICA M MONOCHROM. Futuro anteriore
    Ti senti mancare l'aria, all'inizio. Rimani male quando apri il raw e scopri quell'immagine pallida, incolore, esangue come un bimbo nato malaticcio, carente di qualche vitamina. Tra i moderni sistemi digitali, la caratteristica di produrre un file esclusivamente bianconero è prerogativa di pochi eletti: il modulo medio formato IQ2 Achromatic della Phase One, per esempio, e, naturalmente, la Leica Monochrom, nelle due versioni con sensore CCD e CMOS. Come l'orologio sul polsino dell'Avvocato, l'aristocrazia consente soluzioni che per i comuni mortali sarebbero considerate assurde bizzarrie e guardate con sufficienza, se non con disprezzo. Di fatto, con la sua MM, Leica ha realizzato un prodotto capace di riportare l'azienda al centro della scena per inventiva, spregiudicatezza, capacità di sorprendere e sovvertire prassi consolidate. In una parola, ha ripreso a fare rivoluzioni: la rivoluzione della restaurazione, in questo caso, col ritorno al tradizionale modo d'uso della pellicola in bianconero.

  • HIROSHIMA. La fine e l'inizio
    Circa mezz'ora dopo l'esplosione iniziò a cadere sulla città una pioggia nera ed appiccicosa (la famosa Black Rain, ricordata anche in un film di Ridley Scott), contenente il materiale organico dei poveri esseri scomparsi al momento della deflagrazione, ricca di detriti e materiale radioattivo. Il 9 agosto la stessa sorte toccava a Nagasaki: i militari giapponesi tentarono un colpo di stato per continuare la guerra, ma il 15 agosto l'Imperatore Hirohito dichiarò alla radio, in un linguaggio arcaico ed involuto, che il Giappone si arrendeva. Finiva così, con un dramma nel dramma, la Seconda Guerra Mondiale e incominciava l'Era Atomica. Iniziata esattamente alle 8,15 del 6 agosto 1945!

  • LIBRI: THE PHOTOGRAPHER'S EYE, di John Szarkowski
    John Szarkowski (1925-2007) è stato per quasi trent'anni il direttore della sezione Fotografia del Museo di Arte Moderna di New York (il famoso MOMA), succedendo a Edward Steichen nel 1962. Come tale, ha avuto per lunghissimo tempo un ruolo di primo piano nell'evoluzione dei linguaggi e degli indirizzi espressivi della fotografia mondiale. Ha organizzato oltre 160 mostre (dando visibilità ad autori quali Bill Brandt, William Eggleston, Elliott Erwitt, Walker Evans, Lee Friedlander, Andre Kertesz, Diane Arbus, Garry Winogrand…) e scritto diversi libri. Una delle sue opere più famose è "L'occhio del fotografo", basato sull'omonima esposizione tenutasi (ovviamente al MOMA) nel 1964; il volume è diventato un classico della fotografia, e davvero non può mancare nella biblioteca di un cultore della materia. Pubblicato originariamente nel 1966, è facilmente reperibile (nell'edizione del 2007) tramite le solite librerie online e non solo (ISBN 978-0-87070-527-4).

  • LIBRI: GABRIELE BASILICO - Architetture, città, visioni Riflessioni sulla fotografia
    Giugno 1998. Avevo iniziato a fotografare da pochi mesi e, oltre a non sapere quasi nulla di tecnica fotografica, ero a digiuno anche di storia della fotografia; né conoscevo gli autori più rappresentativi in circolazione. Stavo insomma muovendo i miei primi, primissimi passi nel mondo della fotografia e, come in tutti i percorsi formativi, guardando oggi il mio ravviso a posteriori la compresenza di metodo e casualità, ragione ed istinto. E fu per l'appunto il caso a farmi cadere l'occhio, una domenica pomeriggio a casa dei nonni, su un trafiletto del quotidiano "Il Mattino" (di Napoli), che non avevo l'abitudine di comprare (lo leggevo solo la domenica dai parenti!). Il trafiletto dava notizia di un incontro con il fotografo Gabriele Basilico presso uno studio fotografico cittadino, con annessa proiezione di alcune sue immagini. Di Basilico ignoravo del tutto l'esistenza (vedi alla voce "ignoranza crassa"), ma sentivo che la fotografia di architettura, qualunque cosa ciò significasse, esercitava su di me un fascino sottile, attirandomi, come genere fotografico, assai più delle scontatissime femmene annure, pardon, fanciulle desnude, tanto tipiche dei fotoamatori alle prime armi (e spesso anche seconde e terze).

  • TEST: ZEISS VARIO TESSAR 16-35 F/4 SONY E
    Un po' più grande dello Zeiss 24-70 F/4 e molto più piccolo dei 16-35 e 24-70 F/2.8 per le fotocamere Sony dotate di baionetta A: è lui, lo Zeiss Vario Tessar T* 16-35mm F/4 per fotocamere Sony dotate di innesto E. E' piccolo e leggero? Oppure è grande e pesante? Dipende dai punti di vista e da quello che si adopera di solito: per me, abituato alla Sony A99 con lo Zeiss 24-70 F/2.8, la Sony A7 con il 16-35 F/4 pare quasi un giocattolo ma, indubbiamente, è un obiettivo che ha dimensioni e peso (518 g) comunque ragguardevoli per il sistema FE. Non è sproporzionato una volta montato su un corpo Sony A7 e, in mano, risulta ben bilanciato e molto comodo da usare. La qualità costruttiva è quella tipica Zeiss, vale a dire materiali e rifiniture impeccabili che danno l'impressione di tenere in mano qualcosa di pregio. Le ghiere sono fluide e morbide; la messa a fuoco, garantita dal motore ultrasonico interno, è velocissima e silenziosa. Lo schema del Tessar è da sempre oggetto di discussione tra gli appassionati del marchio tedesco: nato come schema ottico molto semplice, con pochi elementi e poco luminoso, non ha mai garantito una perfetta correzione di tutte le aberrazioni, ma si è meritato l'appellativo di "Occhio d'aquila" per la grande nitidezza e l'elevato contrasto delle immagini.

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